Nella vita
Dio, che ama gli uomini, mandò il suo Figlio, nato da Donna.
Per la Legge, gli fu messo nome Gesù e tutti si stupirono.
Se vuoi sapere, se vuoi una spiegazione cerca un professore.
Il sapere, la spiegazione ti servirà per un momento, un giorno, un po’ di tempo.
Quando diventerai vecchio le spiegazioni le dimenticherai.
Vuoi spiegazioni sulla esistenza?
Troverai chiacchiere incredibili su misteri di scienza e di fede.
Se vuoi conoscere cerca un testimone.
Ti aiuterà a conoscere; rimarrà ed avrà conseguenze per tutta la tua esistenza.
Vuoi conoscere i perché? Di domande, di perché ce n’è uno solo: la Croce tua e quella di Gesù Cristo.
Se ti fermerai alla tua impazzirai di dolore. Se imparerai a confrontarla con quella di Gesù, qualche conoscenza la avrai.
Il tempo presente è percepito come angoscia diffusa.
Le tragedie sono personali; impediscono l’essere e il comprendersi come popolo.
In tempi senza pandemia la tragedia personale era condivisa con momentanee solidarietà, oggi difficili e rare.
Gesù aveva detto a noi adottati come figli: “Voi pregate così: Padre nostro”. Io, Gesù, prego dicendo: “Padre mio”.
Nel momento del dolore, però, prega con la medesima nostra invocazione:
“Perché mi hai abbandonato?”.
Nel soffrire e nella morte Gesù scopre e possiede la fragilità umana.
E la preghiera, non disperata, ma fiduciosa: “Non abbandonarci”.
Non so e non voglio auguri normali:
L’unica via dopo la tragedia è ritrovarci con al centro una Donna: Maria meditava nel suo cuore e custodiva memoria del Figlio e di quelli che con il Figlio erano stati: un giorno dopo il Calvario; un altro giorno nell’attesa del Santo Spirito. Oggi, come i Discepoli: un giorno nella tragedia, l’altro nell’attesa.
Che possiamo, come i pastori, tornare per un’altra strada, a casa, glorificando e lodando Dio.
La tragedia divenga ricordo; il nuovo sia attesa: che ci benedica il Signore e ci custodisca.