L’atteggiamento che abbiamo verso gli altri è spesso quello del “Restituisci quel che devi!”. Esigenti con gli altri ed esclusivi senza alcuna possibilità di ripensamento, nemmeno di fronte alle insistenti richieste di perdono.
«Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Questo non accade per un ricatto, per una vendetta o per la pena del “contrappasso” (Dante Alighieri[1]);


accade perché avere capacità di perdonare è avere capacità di ricevere perdono.
Il perdono perché avvenga: deve essere chiesto o per lo meno accolto; deve essere donato.
Avere la capacità di donare e accogliere, di chiedere il perdono e di perdonare è essere nel Nuovo Testamento, nel Nuovo Patto tra Dio e l’Uomo.
Se non avessimo la capacità di perdonare, nella nostra superbia, non riconosceremmo mai di aver bisogno di essere perdonati. Saremmo ancora all’Antico Testamento, alla preghiera degli Ebrei esuli a Babilonia, al “Super flumina Babylonis” (Salmo 137), letto fino in fondo, senza dimenticare gli ultimi terribili versetti.
La preghiera diviene quindi: Signore, «Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome,
non ritirare da noi la tua misericordia. Ora, Signore, a causa della chiusura del nostro cuore, siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra”.
Ora non abbiamo più tutto ciò in cui erano riposte le nostre speranze: né quelle materiali e terrene né quelle di conforto spirituale.
Ci rimane soltanto la tua Parola nella Sacra Scrittura da contemplare racchiusi dentro le nostre case, non posto sicuro, ma luogo meno insicuro. Che almeno questo conforti le nostre giornate: il desiderio di contemplare la tua Parola.

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[1] Contrappasso (latino medievale contrapassum, composto di contra “contro” e pati “soffrire”). E’ la corrispondenza della pena alla colpa: chi offende avrà la medesima sofferenza inferta agli altri. Nella Divina Commedia questo accade o per analogia o per contrasto: per analogia, la pena è uguale al peccato; per contrasto, la pena è l’opposto del peccato.