Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole! “. Poi Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani di Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffiro, simile in purezza al cielo stesso. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e tuttavia mangiarono e bevvero. L’alleanza è un patto, un impegno che si prende tra due parti. Nel passo dell’Esodo 24 è descritta l’alleanza tra Dio e il suo popolo. La storia sia dell’Antico sia del Nuovo testamento ci rivela che il patto può essere tradito da uno dei due contraenti.
Rimane però la fedeltà di Dio. E questa è la nostra speranza. Però qualche volta, come Giobbe, siamo anche tormentati dall’interrogativo che il patto non sia stato mantenuto neppure da Dio. Ci sono degli eventi, che ci pongono interrogativi drammatici.
Abbiamo però pensato e vissuto questo patto, come un rapporto contrattuale. “Do, ut des”. Il giovane ricco del Vangelo dice a Gesù: “…cosa devo fare per avere…” (Mc. 10, 17). Nell’alleanza nuova, che Gesù ha istituito, questo concetto è totalmente sovvertito. Questo è il mio corpo che per voi è dato. Questo è il mio sangue che per voi è sparso.
La nuova Alleanza.
Il patto è dono gratuito, totale, libero, continuo. Dio si affida, si dona a noi. Noi ci affidiamo a Lui. Il rapporto è di amore. Non la ricerca di un vantaggio. L’amore dimentica di misurare, contrattare, di vedere se i conti tornano. È totalità del dono, assoluta gratuità, libertà da se stessi, nell’affidamento totale alla libertà dell’Altro.