Baruc 5,1-9; Salmo 125 (126); Filippési 1,4-6.8-11 Luca 3,1-6
I Vangeli non sono libri di favole; sono storia culturalmente ben localizzata in uno spazio e in un tempo: “Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène”.
Il popolo ebraico viveva la decadenza della fede ebraica, quando, eccetto pochi zeloti, non attendeva più Colui che doveva venire per liberare Israele da una servitù condivisa, “sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa”, servi utilitaristici dell’impero di Roma.
Il popolo ebraico, come ripetutamente fece contraddicendo Geremia ed altri profeti, si scelse ancora forti e potenti alleati e accettò di sottomettere a Roma anche la santità del Tempio.
Imperiosa, allora, nella storia di Israele, “la parola di Dio venne su Giovanni” che ripeté il saluto profetico della liberazione: “Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria”.
Quella gloria e libertà, ricercata nell’impero di Roma, “viene da Dio per sempre perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui”.
Fin dall’inizio è delineato il cammino della nuova liberazione che viene dalla povertà del “deserto”.
Si ripete, oggi, la storia: ricerchiamo salvezza presumendo liberazione per mezzo del possesso e del denaro di alleati economicamente potenti.
La profezia è, però, presente nella Chiesa, Israele di Dio, per mezzo di Francesco, dalle scarpe nere e dalla borsa in mano: egli percorre ancora ogni terra predicando “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”. E’ purtroppo, “uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Lo abbiamo visto solo in una piazza deserta proclamare al mondo “la salvezza di Dio”, «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».
La Parola di Dio si rivela sorprendentemente presente “a motivo della cooperazione per il Vangelo” di tanti uomini di buona volontà che “Dio ama”.
Dio stesso “è testimone del vivo desiderio” di tutti coloro che sono “nell’amore di Cristo Gesù con gioia”.
E’ tempo di speranza, contro ogni speranza.
05 DICEMBRE 2021 II DOMENICA DI AVVENTO C
Baruc 5,1-9; Salmo 125 (126); Filippési 1,4-6.8-11 Luca 3,1-6
La storia si ripete: presumiamo liberazione per mezzo del possesso di denaro di alleati economicamente potenti.
La profezia è, invece, presente nella Chiesa per mezzo di Francesco, dalle scarpe nere e dalla borsa in mano: egli percorre ancora ogni terra predicando “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”. E’ purtroppo, “uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Lo abbiamo visto solo in una piazza deserta proclamare al mondo “la salvezza di Dio”, «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».
La Parola di Dio si avvererà “a motivo della cooperazione per il Vangelo” di tanti uomini di buona volontà che “Dio ama”. I Vangeli non sono libri di favole: è tempo di speranza, contro ogni speranza.