Foto eseguita da Orson Welles per richiesta di don Dario Nardi

Venerdì Santo: piaghe nel cuore. Settembre: speranza per essere ancora con Te.
La parola del Vangelo narra Maria sotto la Croce del Figlio.
La Parola narra, oggi, Maria sotto la Croce dei figli.
La vedo abbracciare la Croce ed il Figlio, la vedo abbracciare noi figli.
Questa immagine è la maggiormente ‘storica’ di Maria. Le altre immagini (Immacolata, Madre di Dio, altre) pongono Maria dentro un alone di santità e di grazia a noi irraggiungibile.
Maria sotto la Croce è la Maria, Madre di Cristo, il primo Figlio, e Madre di altri figli, noi, che siamo sotto la Croce insieme a lei: possiamo avere i suoi desideri, provare la medesima preghiera.
E’ la immagine più cara perché più vicina. Con lei ci si può confidare senza timore e dire le disperazioni inconfessabili e le speranze, il dolore e la gioia, la fiducia incrollabile e la sconfitta, la caduta e la resurrezione.Foto eseguita da Orson Welles per richiesta di don Dario NardiParlarne ad altri sminuisce la comprensione del dolore, il sentire, l’amore. Da altri, nei momenti di immenso dolore, ascoltiamo anche superficiali osservazioni. Nella Croce posta avanti all’ingresso delle nostre tombe tu vigili e tieni per mano. Le leggi del Covid ci hanno impedito di tenere in una tenera mano quelle dei nostri sofferenti. Se non ci fosse stata la tua a sostituirci?
A te, che ricevi sulle braccia il Figlio, rassomiglia ogni mamma, ogni sposa, ogni padre che riceve e abbraccia il figlio che torna al Padre del cielo.
Ad abbracciare e stringere la tua persona, quasi il tuo corpo, ricorre ogni figlio e figlia quando la morte si fa presente nelle figure familiari più intime e negli amici che conoscono i segreti del cuore.
Qualcuno si sente di poter fare a meno di te?
Per questo ti ha detto il Figlio: “Ecco tuo figlio”; per questo ha detto il Figlio a noi: “Ecco tua Madre”.
Il bambino, ancor piccolo, si stringe alla tua faccia e ti porge baci, il giovane ti si stringe attorno alla vita e non ti lascia più nemmeno camminare o muovere. Devi star ferma con lui o con lei: con me. Devi condividere tutto il dolore e la sete di speranza quando vengono meno.
Maria, Madre, se non fossi tu vicina a noi come potremmo riuscire a dire al Padre: “Eccomi”?
Quando l’Alluvione, il Terremoto, il Covid ti hanno impedito, processionalmente, di visitare le nostre case siamo stati orfani di tutto. Quando siamo tornati ad entrare e ad uscire abbiamo saputo e ritrovato la strada per venire a colloquiare con il tuo volto.
Ciò che di inconfessato e inconfessabile esiste è presente nell’abbraccio che tutti ti rivolgiamo. Ci basta sapere che tu lo sai e non abbiamo necessità di raccontartelo. Tu vedi gli intimi perché degli errori e delle glorie. Che ne sanno altri cosa c’è dentro i miei occhi e dentro me stesso?

Tu conosci, nel Venerdì Santo, quali volti si nascondono sotto i veli e sotto i cappucci neri e rossi, quali speranze, peccati e grazie. Non altri sanno se sotto quei veli la disperazione sconfitta, la speranza, la fiducia la fanno da padroni. Indossiamo il velo o il cappuccio per non incontrare occhi e menti indiscreti e far incontrare l’intimo del tuo volto con i nostri segreti che, tu, rendi palesi al tuo Figlio.
Nel silenzio di quei veli e di quei cappucci del Venerdì Santo ti ritrovo Madre e mi ritrovo figlio. Non mi servono chiacchiere né canti o ripetute preghiere: sono per me un’eco lontana, talora sommessa, talora più viva; mi sono abituato, ormai, a parlare con te nel silenzio. Ed in quello il cuore si acquieta. Ti affido, Maria, il lungo venerdì perché nella domenica divenga santo.

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