01 Lectio Divina: carità

Lectio Divina:

CARITA’

(don Steno Santi)

 



 

  1. Carità: amore che accoglie tutti

 Luca 5, 27- 31:

 “Dopo ciò Egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”. Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla di pubblicani e d’altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori ?” Gesù rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati “.

 Due momenti in questa pagina di Vangelo:

* la chiamata

* un grande ricevimento

* Ricorda la chiamata di Levi come l’ha pensata e dipinta “Caravaggio”: un gioco di luce e di ombra. Nella luce il volto di Gesù e quello incantato di Levi. Nell’ombra tutti gli altri preoccupati a contare e raccogliere il denaro. Sembra non si accorgano di nulla. L’ombra delle cose e la luce del Signore che chiama.

Levi “lascia ogni cosa”. Accetta un’altra scala di valori. C’è una luce, che dà un significato nuovo a tutte le cose * Levi fece a casa sua un gran ricevimento.

C’era un gran numero di invitati

E’ stato “afferrato” da Cristo, ma non si è allontanato dai suoi amici. Li coinvolge nella festa, nella luce, nell’incontro. I farisei, i maestri, gli scribi dicono ai discepoli:

perché mangiate e bevete con i peccatori ?

I peccatori erano gli altri: loro no, loro sono giusti! Non hanno bisogno del “Medico”. Spesso anche per me i peccatori sono “gli altri”. Sono invece “IO” peccatore. Io devo invitare il Signore a condividere il mio pane, la mia vita, la mia miseria. Mi devo far carico dei peccati dell’umanità. Quando chiedo perdono per il mio peccato, tutti i fratelli sono immersi nella luce di Dio. Quando Cristo, il Medico, mi guarisce, tutta l’umanità è sollevata.

  • Carità: amore senza misure

Luca 6, 27-35:

 Ma a voi che ascoltate, io dico: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché Egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.”

 Gesù propone, in una sintesi meravigliosa, l’esigenza fondamentale: l’Amore totalitario ed incondizionato per tutti. Un breve catechismo cristiano ben articolato:

  • amore verso i nemici
  • amore disinteressato e gratuito
  • perdono e generosità

Amore verso i nemici.

Vuol dire fare del bene, benedire e pregare. Ad un crescendo di ostilità, corrisponde un crescendo di amore. Si propone un amore pratico, operativo, sincero. Di fronte a questo ideale si rimane ammirati, ma anche smarriti. Ma solo un amore fedele, creativo di nuovi rapporti sorprende l’avversario, spezza la spirale della violenza, elimina fin dalla radice l’ingiustizia nei rapporti umani.

Amore disinteressato e gratuito.

La gratuità, la “charis” ha la sua fonte nell’amore fedele e creativo di Dio.

Sarete figli dell’Altissimo” – “Misericordiosi come il Padre vostro

Perdono e generosità.

Un amore che si traduce in “misericordia”, che vuol dire accoglienza, benignità, fiducia, perdono. L’amore di Dio riparte sempre da capo è tenace, accoglie e protegge i deboli. La perfezione non è altro che un modo di amare nello stile e nella forza del Padre. E lo Spirito Santo, che dobbiamo sempre invocare, su questa terra ha un ruolo fondamentale.

  1. Carità: Amore che comprende

Luca 7, 11 – 17:

 In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con Lui i discepoli e grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!” E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, alzati!” Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed Egli lo diede alla madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”. La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

Due cortei si incontrano alle porte di Nain: della morte e della vita.

Gesù, accompagnato dai suoi discepoli.

Una madre, che piange il figlio morto, accompagnata da molta folla. L’attenzione di Gesù è per la madre, la sua partecipazione al dolore è immediata.

Non piangere”. Sembra un invito paradossale, è, invece, una promessa. E’ “il Signore” (LC. 7,13) che si commuove. “Non piangere” – “Beati coloro che piangono”. Le lacrime della madre sono raccolte dalle mani del Signore e le unisce alle SUE. Gesù anticipa nel tempo la “consolazione” promessa.

Te lo dico Io…” IO: il Signore che piange è il Signore che dà la vita. “Lo rese alla madre “: gesto di grande delicatezza e tenerezza.

La comunità che riascolta, oggi, questo racconto, riconosce Gesù non solo come il “grande Profeta”, che apre uno spiraglio di vita e dà conforto dilazionando la morte, ma come il Signore Vincitore della morte che inaugura il tempo nuovo della speranza per tutti gli uomini

Carità: Amore misericordioso

Giovanni 8, 1-11:

 Gesù si avviò, allora, verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da Lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in flagrante adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?” Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata?” Ed essa rispose: “ Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.

Il brano evangelico è molto limpido e costruito con molta tenerezza e delicatezza. Gli Scribi non rincorrono Gesù con semplicità di cuore, ma “per metterlo alla prova”. Perdonerà anche all’adultera? Si rifiuterà di applicare la legge mosaica? (Lev. 20, 10 – Dt. 22, 22).

Gesù si comporta come se gli accusatori non esistessero. Gesù non nega il giudizio di Dio, ma vuole che ciascuno lo rivolga, anzitutto, a se stesso. Adulterio o no, siamo tutti peccatori, abbiamo tutti bisogno di perdono.

E’ facile, oggi, incontrare persone che scagliano condanne. Forse anch’io stringo dentro la mia mano una pietra e la vorrei scagliare contro chi ha un comportamento che mi da’ fastidio: vagabondi, drogati, prostitute, chi ha un colore diverso, una cultura diversa… Vorrei liberare il mondo da un certo tipo di persone: senza di loro il mondo, il mio mondo, sarebbe più bello, più ordinato.

Strano, però, vogliamo lapidare certi peccatori, ma abbiamo perso il senso del peccato, abbiamo smarrito il senso di Dio. Abbiamo una mentalità così individualista, per cui il mio io è centro e legge dell’universo. Gesù non condanna, ma riordina l’adultera in una scala di valori in cui la donna ritrova, nel perdono, la sua nobiltà e la sua grandezza.

  1. Carità: Amore che serve

Giovanni 13, 1-17:

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. Venne quindi da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. Rispose Gesù:” Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”. Gli disse Simon Pietro: “Non mi laverai mai i piedi!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!”. Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti”. Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “non siete tutti mondi”. Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: “Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.”

Gesù, proprio perché sa che è venuta la sua ora di passare al Padre, proprio perché sa che il diavolo ha messo nel cuore di Giuda il tradimento, proprio perché sa che il Padre gli aveva messo tutto nelle sue mani, Lui, che sempre ha amato i suoi, ora li ama sino all’ultimo estremo della vita, definitivamente, oltre ogni misura.

 Si alza da tavola, depone le vesti e si cinge l’asciugatoio. Facendosi uomo aveva preso la “forma di servo”. Gli uomini hanno bisogno di vedere “il servo”. Un gesto che fissa per sempre l’amore: “cominciò a lavare i piedi …”. Pietro misurava solo la propria miseria e non poneva l’occhio e il cuore sul “mandato della carità” che lo avrebbe impegnato per tutta la vita: “Tu, Signore, lavare i piedi a me? …” “Capite quello che ho fatto? Se Io, il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete ...”.

Fate come ho fatto Io. Sulla tavola il pane e il vino aspettano per diventare segno, dono, presenza, offerta, sacramento della carità. “Questo è il mio corpo… dato per voi” – “Questo è il mio sangue …. sparso”.

Fate questo in memoria di me. Portiamoci sempre fino alla tavola Eucaristica, per “levarci” poi, subito dopo la Comunione, non come dei commensali qualsiasi, ma come “servi” dell’Amore, che deve cambiare il mondo. La lavanda dei piedi, il mandato della carità e l’Eucaristia sono un capovolgimento della vita, non un rito, sono una rivoluzione.

E i capovolgimenti non si attendono, SI FANNO.