Scritto di Don Steno Santi (in parte don Lamberto Di Francesco).

«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri».
Riferirsi ad uomini grandi, non ad uomini potenti, per una strada suggerita ed esemplificata; uomini che non abbiano solo “predicato”, che abbiano protetto e invitato a constatare un mondo diverso dall’umano di terra. “Il cristiano non ha il compito di rincorrere il mondo, di mettersi al passo di tutte le mode. Quasi con tenerezza decisa, “Dobbiamo avere il coraggio di fermare l’uomo, dirgli che correre non vuol dire crescere; che il vero progresso consiste nello sviluppo armonico della persona, non nell’andare più in fretta”. Non vogliamo, forse, fermarci, ma è il nostro pericoloso dramma: “Dirgli che correndo è diventato distratto, non si accorge più di sé e degli altri”. Appelli sono da rivolgere, con passione, non con linguaggi stereotipati ed annoiati: “Dirgli che l’aumento delle conoscenze è utile solo se unito ad un aumento della coscienza. L’aumento della potenza è pericoloso se non è accompagnato da un aumento di saggezza”. Cristiani capaci di parole testimoniate ne abbiamo più che in passato. Coloro che vorrebbero nasconderli si illudono: quando la parola è frutto sincero e raccolto di meditazione della Parola (con la P maiuscola), dietro questa Parola, non c’è più un uomo che parla, ma un uomo che ha quasi carboni ardenti nella bocca e nelle mani, a somiglianza dei profeti di Israele, e proclama: “Non c’è più il tempo di domandarci perché, di cogliere il senso e il significato dell’esistere. In fondo il Signore ci chiede di sostare un istante. Allora il silenzio diventa più eloquente della parola”. L’obiettivo che dobbiamo proporci è il cambiamento di mentalità e di un nuovo stile di vita partendo dalla Parola.
L’uomo cristiano è chiamato a testimoniare che può rivolgersi a Dio chiamandolo Padre: “Rivolgersi al Padre come figli tra figli”. Non può aver timore di sentirsi insufficiente: “L’uomo è per essenza debitore”. Il peccato è a noi possibile: siamo capaci, a differenza di non credenti, di riconoscerlo sapendo di essere capaci di chiedere perdono all’uomo e a Dio e che è più facile ricevere il perdono di Dio che quello dell’uomo: “Siamo figli peccatori; il perdono lo stiamo chiedendo a un Padre, non ad un padrone”.

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