Dalla lettera apostolica Patris Corde del S. Padre Francesco in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di S. Giuseppe quale Patrono della Chiesa universale. 8-12-2020.
19 marzo 2021: S. Giuseppe e la pandemia
Giuseppe, ebreo, uomo giusto, si dimostra Padre nell’obbedienza alla prima parola rivolta da Dio agli Ebrei: “Ascolta, Israele”. Giuseppe ascolta Dio che parla nel “sogno”.
E’ Padre nell’accoglienza della Parola fatta Carne anche se alla sua coscienza si pongono ostacoli apparentemente insormontabili.
Giuseppe, da ebreo giusto, osserva i Comandamenti, ma va oltre la Legge e ama nella tenerezza.
Ama la Parola, la custodisce; custodisce la Parola che si fa Carne in Maria.
E’ da meditare insieme con lui l’esperienza continua e misteriosa della crescita di quel Bambino in Maria. E attendere la pienezza della rivelazione, dello svelamento del mistero che anche in lui si completava giorno per giorno.
Come i “giusti fra le nazioni” hanno custodito gli ebrei dall’odio di ogni dittatura, così Giuseppe, uomo giusto fra le nazioni, custodisce Gesù. Con l’aiuto e la complicità dei Magi, lo custodisce e lo toglie dalle mani di Erode.
Giuseppe, come Padre dal coraggio creativo, forte e silenzioso non attende che Dio compia miracoli straordinari per la salvezza del Figlio, ma ascolta la parola dell’Annuncio: ‘Alzati e va’’. Si alza e parte e va: così fa per l’andata in Egitto; e con prudenza e scaltrezza, per il ritorno decidendo di andare a Nazareth, invece che a Betlehem.
Lì con il suo lavoro, che avrà insegnato anche a Gesù, aiuta a crescere giorno per giorno la Parola fatta Carne.
Come Padre amato da Gesù e dalla sua sposa Maria si sarà domandato mille volte: “Ma sarà vero ciò che sto vivendo?”. Chissà quali risposte avrà ricevuto da Gesù e da Maria nel loro continuo amorevole dialogo! Quali sguardi, sorrisi, preoccupazioni avranno vissuto insieme quei volti.
Pensieri, desideri: forse non avranno nemmeno avuto bisogno di essere detti.
Lui, Padre lavoratore, si sarà chiesto: io sono chiamato ad educare la Parola fatta Carne? Quali momenti incerti ed esaltanti, oscuramente, hanno aiutato a trovare risposta alla domanda che si sarà posto insieme a Maria: “Io, noi, custodi della Parola fatta Carne e ce lo perdiamo per tre giorni? E che custode sono?”.
Ecco cos’è la custodia che ci affida S. Giuseppe: le tradizioni dei Padri sono la Tradizione della Chiesa: non archeologia, né folclorismo. Custodi della memoria che non dobbiamo solo conservare ciò che i nostri antenati hanno realizzato, cose stupende di fronte al mondo. Dobbiamo far crescere.
Giuseppe è veramente Padre nell’ombra: quasi nascosto rivela la sua presenza in modo dolce e sicuro.
Un quadro che rappresenta la fuga in Egitto raffigura Giuseppe che porge un mazzolino di fiori di campo a Maria e Giuseppe.
Potessimo, ogni padre, ogni uomo, imparare a porgere fiori.
E noi, oggi, come rendiamo presente Giuseppe porgendo fiori ad ogni madre ad ogni bambino? E’ quasi una gloria festeggiare Giuseppe.
Oggi, nella pandemia: chiese vuote, apparentemente dimenticate. Oggi epoca di donne, mamme, uccise e depredate.
Siamo chiamati ad educare a casa, con l’ascolto della Parola, impossibilitati o in difficoltà per un ascolto diretto e partecipato, come popolo di Dio radunato, anche se non fisicamente, nel suo nome.
La custodia per un lungo cammino si fa con il Pane, che oggi ci viene a mancare, ma la custodia si fa anche con la Parola: l’unica cosa che ci è veramente rimasta. Contempliamola nelle nostre case e, se talvolta ci accorgessimo che la nostra preghiera è simile a quella dell’A.T. (ultimi versetti del Salmo 137) quasi spaventata dalla storia, abbiamo pazienza con noi stessi. Il Signore ne avrà con noi ricordandosi di quando anche lui ha detto: Dio mio! Dio mio! Perché?!
Presbiteri e laici si stanno adoperando per trasmettere nelle case preghiera e celebrazioni e noi partecipiamo dalle case anche lontane, da altre città e paesi, alla preghiera comune. Una presenza inavvertita, comune. Una presenza diversa, dispiaciuta, che ricorda, però, la comune sequela di Gesù che impegna a custodire persone e missioni: che laico sia laico, che presbitero sia tale. Da spettatore a protagonista il laico nella fede. E che si torni a parlare e vivere di fede, non solo di riti, modi e formalità di pratiche di vita cristiana.
Ormai da un anno stanno mutando atteggiamenti, modi di essere e di operare. Non sappiamo quanto incideranno negli animi.
Abbiamo difetti: facciamo in modo di divenire condivisibili non con i ‘mi piace’ dei media, ma con quelli reali della vita. Con senso di ringraziamento per un nuovo modo di annunciare, per questi nuovi messaggeri e ascoltatori della Parola, ignoti l’uno all’altro eppur numerosi, continuiamo a far vivere la fede in un Dio capace di vivere, morire, risorgere.
Dobbiamo far vivere le nostre chiese, come stiamo già facendo anche se è pesante, ma dobbiamo far vivere la Chiesa che è in ognuno e in ogni famiglia perché sia famiglia delle famiglie di Dio.
Oggi, più che mai, la preghiera al Santo Custode ci sia di sostegno e di conforto per la fine della pandemia.