Festa dei santi Secondiano, Veriano, Marcelliano
Ancora martiri
“Ora basta, Signore! Prendi la mia vita”: il martirio.
La testimonianza del Vangelo non è un fatto individuale: è frutto di partecipazione. Una comunità accompagna nel crescere persone capaci di testimonianza evangelica convivendo con chi la contrasta.
Qui, noi siamo: persone in un popolo che testimonia, persone in un popolo che perseguita.
Divenire una comunità nella quale non esista il martirio e viva una testimonianza comune entusiasta e costruttrice di gloria è la meta cristiana. Abbiamo attraversato stagioni: dure, pesanti, gloriose, entusiaste.
Vantare monumenti che portano viva in sé testimonianza efficace di fede non è sufficiente: quale testimonianza per l’oggi? Noi, proprio noi, nelle carni, ogni famiglia, attraversiamo una persecuzione sofferta, malattie nel corpo e nello spirito non più misteriose, ma inesorabili. Inconsapevolmente siamo parte di una testimonianza negativa, scoraggiata, sfiduciata che vive di timori.
Secondiano, Veriano e Marcelliano sono stati capaci di affrontare la vita e la morte: attorno a loro era la vita. Conserviamo la gloria nei secoli di chi ha reso presente una comunione di glorioso dolore.
Se sono stati uccisi per la fede: attorno a loro c’era una comunità contraria alla bellezza. Temporaneamente hanno vinto i malvagi: nessuno più ricorda chi erano e, se mai, avessero in sé ideali.
La città di Dio vive una storia controversa: chi cerca verità e chi menzogna. Scoraggiati, imploriamo: “Ora basta, Signore!”.
La risposta è immediata: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino».
E’ venuto il momento di una trasparente testimonianza, con l’invito del Signore, come Elia “si alzò, mangiò e bevve”, con la forza di quel cibo donato da Dio, riprendiamo il cammino “per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb”. Il nostro Oreb è il colle, le torri, la chiesa di S. Pietro che, alta, veglia su noi.
Ci accompagna nell’attraversare secoli di storia l’ascolto di S. Paolo: “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità.
Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda.
Fatevi imitatori di Dio, camminate nella carità”.
Chi crede a queste parole ha la vita eterna.
Torniamo a Gesù Cristo, a Maria del dolore e della gloria, a Pietro, ai Santi Martiri che onoriamo.
La salvezza sta in chi dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Nella vita cristiana nessuno è già santo o colpevole: tutti sono chiamati a sentirsi responsabili nel progettare ed edificare la presenza del Vangelo. Tutti compiano penitenza per minimizzare la presenza del peccato del mondo, ricordando che perché ci sia un martire occorre che una comunità corrotta martirizzi ed una comunità santa formi e conforti ogni credente nella capacità di donare. Anche la vita. Chi dona morte non ne godrà, chi per un po’ soccombe, partecipa della vita dell’Unico Vivente.