Iniziano ad esser molti gli anni trascorsi dal giorno del terremoto.
Rimane, però, impresso nelle nostre vite: le abitazioni distrutte, i monumenti e le chiese devastate; le occupazioni, il lavoro hanno perso significato di gloria perché “ho lavorato tanto nella vita, in un’attimo mi trovo senza casa, senza lavoro”.
Tragica l’altra considerazione che mai si allontana dalla coscienza: “Mio padre, mia madre, mio figlio, la mia sposa, il mio sposo!”.
Le lacrime continuano a scendere sul volto, forse non più e non sempre fisicamente, ma più terribili nei deliri, sogni, incubi delle notti, spesso insonni.
Le case, i monumenti, in parte ricostruiti, non hanno più il medesimo significato: questo è più nuovo … è restaurato … è migliore che prima …Eppure l’anima è diversa, forse manca. Assenze, turbamenti, dolori.
Qualcuno crede di essere riuscito a ricucire la veste che ricopriva le nostre membra: si sbaglia. Le ferite rimangono, le lacrime non riescono a togliere la polvere del terremoto dai nostri volti.
Stiamo rammendando, forse, soltanto la veste. Eroicamente.
A chi dicesse che la memoria ingrandisce ora l’accaduto, ammoniamo: la Croce del nostro cimitero, se la contempli, ti ricorda cosa è la vita.
Da “Le parole dicono che siamo cristiani”, pagina 56: “La polvere del terremoto.
Non si vede, non si sente, quando è poca. Poi ricopre e nasconde: un manto di borotalco grigio, molto più leggero della farina …e del borotalco. Ti si appiccica addosso, dappertutto, fuori degli occhi; ti vorrebbe entrare dentro, ci entra … solo gli occhi si difendono.
Che grandezza le lacrime! Vincono la polvere del terremoto. E da una faccia irriconoscibile ti spuntano fuori due pupille smarrite, sole, tragicamente spalancate sul nulla. E riescono a farti vivere oltre la morte, la distruzione, il caos. Il mio gattino, il mio peluche, la mia bicicletta, la mia cameretta, il mio pigiama, la mia mamma, il mio papà, il mio figlio. Sotto questa polvere. Le lacrime non sono riuscite a tenerne gli occhi puliti.
Eppure, lì, l’umile, sapiente, ha saputo trovare, possedere bellezza”.