Numeri 6, 22-27; Salmo 66 (67); Gàlati 4,4-7; Luca 2,16-21
Anno di verità nella storia, non di auguri illusori
«Dio mandò il suo Figlio»: è giunta «la pienezza del tempo» della salvezza dell’Uomo nel Creato e l’inizio della liberazione dalla schiavitù del male. Perché questa salvezza iniziata non si realizza pienamente?
Se si è onesti, e belli dentro, non si può attribuire la mancata piena realizzazione della salvezza a Dio: è necessario iniziare una conversione e divenire disposti come «[i pastori], ad andare, senza indugio, e trovare Maria e Giuseppe e il Bambino».
Quanto si è disposti ad accogliere un Bambino «nato da donna, nato sotto la Legge», si è capaci anche di «riscattare quelli che sono sotto la Legge», «perché ricevessimo l’adozione a figli».Il percorso da figli della Legge a figli adottivi del Padre non sempre si compie: al dono del Padre non corrisponde l’accoglienza dovuta. «Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio» e non abbiamo ancora imparato a rivolgerci come figli al ‘Babbo’, al Padre, dicendo a lui: «Abbà! Padre!». Il Padre ricorda ed invita: «Non sei più schiavo, ma figlio ed erede per grazia di Dio».Prendere coscienza dell’invito è necessario: è il percorso dei pastori i quali, andando in fretta, non si limitano a complimenti augurali. I pastori non riferiscono ciò che hanno visto, ma ciò che è stato annunciato: «dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro».
Se riferissimo ciò che è stato annunciato, anche noi genereremmo stupore: «Tutti quelli che udivano si stupirono»; saremmo anche capaci di seguire «Maria» che, «da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».
L’augurio non è costituito di parole ripetitive di circostanza, ma eco della Parola: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto, ti faccia grazia, ti conceda pace».
All’augurio, fatto preghiera, risponderà il Padre: «E io li benedirò».
Alla benedizione del Padre segue il Messaggio di Papa Francesco, per la LXI Giornata di preghiera per la pace, che trasposta nella storia la Parola: “Nessuno può salvarsi da solo: siamo chiamati a divenire sentinelle capaci di generare il bello nelle situazioni attuali:
Nella Pandemia
1. Ci rende peggiori: la eccessiva fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della globalizzazione che si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo giustizia, concordia e azioni di pace, salute pubblica.
2. Ci rende migliori un benefico ritorno all’umiltà; una solidarietà eroica per divenire “insieme”; un ridimensionamento del consumismo.
Nella Guerra
1. Ci rende peggiori una storia guidata da scelte umane colpevoli: sconfitta per l’umanità intera.
2. Ci rende migliori: lasciarci cambiare il cuore, prenderci cura, prenderci a cuore. Dobbiamo pensarci alla luce del bene, casa comune, in maniera concertata, per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato per mettere fine ai conflitti e alle guerre. E’ necessario, al di là di interessi nazionalisti, renderci consapevoli che il colonialismo è all’origine dello scandalo dei popoli affamati: tutti i popoli colonialisti sono tenuti a riparare questi mali con l’accoglienza e l’integrazione”.
Non è bello né utile incolpare altri: è bello convertirci per convertire.
(didon)