Èsodo 34,4b-6.8-9; Salmo 3,52-56; 2 Corìnzi 13,11-13; Giovanni 3,16-18
‘un giorno stare; sei giorni andare’

Siamo «un popolo di dura cervìce», «ma tu», Signore, «perdona la nostra colpa e il nostro peccato» e «fa’ di noi la tua eredità».
Si rischia di perdere ideali e valori: per tornare alla bellezza dell’esistenza cristiana occorre convertire i cuori gustando il dialogo amorevole con Dio e con le famiglie della famiglia di Dio.
Le mani dei padri, guidate da una sapienza divina, hanno donato tesori di bellezza: non siamo chiamati a ‘conservarla’, ma a darle pieno compimento. Resi maestri dalla Parola, si rende attraente ristrutturare e donare armonia a due valori:
1. Un giorno: la domenica, giorno del Signore, è bello ritemprare le facoltà vitali. Le famiglie si riuniscano attorno alla mensa della Parola e del Pane. È bello stare con le famiglie cristiane nella famiglia dei figli di Dio perché «chi crede in lui non è condannato», «ma chi non crede è già stato condannato».
È vero: molti sono i modi di credere; giusta aspirazione divenga credere «nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Ed invocare: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi». Come «Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò», così, riconoscendo che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito», si dia lode al «Signore, Dio misericordioso e pietoso», «lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna».
Da ricordare è la Bella Notizia: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Il giorno di festa donerà la capacità di salutarci «a vicenda con il bacio santo».
2. Sei giorni: sono a disposizione per educare ad un lavoro dignitoso, non a sussidi diseducanti, in vista di uno sviluppo progressivo per divenire profeti di futuro. Degni del passato, facendoci «coraggio a vicenda», usciamo per le strade del mondo a proclamare: «Il Dio dell’amore e della pace sarà con voi»; annunciare come «fratelli» la convinzione che la liberazione sta già accadendo nella realtà della storia e non come ipotetico futuro.
La Sacra Scrittura incoraggia: «Siate gioiosi», donate lavoro a chi lo desidera e lo apprezza come tesoro per realizzare la propria dignità. «Abbiate gli stessi sentimenti» e, accogliendo i fratelli, «vivete in pace». Insieme a questo la Scrittura dona un ammonimento: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi»; invece «tendete alla perfezione» e costruite la storia come cittadini e popolo di Dio.
«Tutti i santi», tutti i credenti, separati dal male e speranti nel bello, «vi salutano»! Giustificati per mezzo della «grazia del Signore Gesù Cristo, «l’amore di Dio» Padre dimorerà «con tutti voi», pieni della «comunione dello Spirito Santo».
(didon)