Isaìa 55,10-11; Salmo 64 (65); Romani 8,18-23; Matteo 13,1-23
Al cuore della Parola
1. Il cuore di questo popolo è diventato insensibile»: è sciocco dire che la Sacra Scrittura si riferisce alle genti di Israele. ‘Insensibile’, cioè indifferente. Il Vangelo è duro con l’indifferenza: «A colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha».
Troppo severo? In Apocalisse si attesta: «non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo!». Se la fede diviene ‘rito’ da compiere, decade: «Poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca». Pensare a se stessi, ai propri affari, non curarsi di mettere da parte tesori diversi, è insensibilità ai valori: «Tu dici: non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo». Me ne accorgerò troppo tardi ed elemosinerò aiuto. Solo il Dio di Gesù potrà fornirlo: «Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo». E un appello: «Sii dunque zelante e convèrtiti». Gesù non c’è da andarlo a cercare: «Ecco: sto alla porta e busso». È qui, basta aprire il cuore: «Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me».
Un ammonimento: «Chi ha orecchi, ascolti».
2. Di fronte all’uomo indifferente sta «L’ardente aspettativa della creazione, protesa verso la rivelazione dei figli di Dio». «La creazione» stessa, in attesa della manifestazione della Parola, ha la «speranza che sarà liberata dalla schiavitù per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio». Non si può essere indifferenti: «tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi».
Sminuire i significati e affermare che ‘tutto il mondo sia paese’ e ‘tutti fanno così’ è una lettura qualunquistica della Storia: non esatta e non vera. Non tutti sono indifferenti: insieme alla Creazione «anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo».
La Scrittura Sacra conferma la speranza: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
Rimane vero il discorso del seminatore fatto da Gesù: «Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore»: è seme «seminato lungo la strada»; vengono «gli uccelli e lo mangiano».
Chi «ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, subito viene meno»: è seme «seminato sul terreno sassoso».
Chi «ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto», è seme «seminato tra i rovi».
Chi «ascolta «la Parola e la comprende, dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno» è una piccola parte, è ‘il resto di Israele’, è seme «seminato sul terreno buono».
Divenire buoni seminatori che non seminano su spine, rovi, sassi, strade desolate, in mezzo a ululati selvaggi è cura di cuori «semplici come colombe, prudenti come serpenti».
Con la parola di Gesù, ci «è dato conoscere i misteri del regno dei cieli». Accolta la Parola, «a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza». Un canto di beatitudine e speranza è rivolto ai credenti: «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano».
(didon)