Atti 10,25-26.34-35.44-48; Salmo 97 (98); 1Giovanni 4,7-10; Giovanni 15,9-17
Da: ‘Ti voglio bene’, a: ‘Voglio il tuo bene’.
«Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia». La misericordia divina è viva ed operosa, soccorre, solleva, perdona. Pensare e vivere la fede come verso un dio giustiziere è irriverente verso Dio e verso l’uomo: un dio proporzionato ai propri egoismi. Il Dio annunciato da Gesù, soffre con chi soffre, gioisce con chi gioisce. La fede in Gesù non è umana: è dono di Dio. La condizione per riceverlo è l’ascolto della Parola: «Lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola». Senza la Parola si ricerca salvezza nell’uomo; l’Apostolo impegna se stesso in un rimprovero invitante: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Soddisfare il desiderio di accoglienza con un ‘Ti voglio bene’ è tradimento della Parola. Gesù stesso si ribella quando gli attribuiscono ciò che spetta al Padre: Il Padre solo! «Maestro buono», lo chiamarono un giorno; Gesù rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo».
Mutare in linguaggio evangelico l’attuale: ‘Voglio il tuo bene’, è diverso dal ‘Ti voglio bene’. Sentirsi dire: ‘Tesoro’ è piacevole, ma il grazioso vocabolo si sposa con ‘M’hai fatto felice’! È un inganno! Cerchi il tuo immediato piacere. “Quando non andrai più a genio alle persone, preparati a sorridere davanti a chi ti diceva che ti voleva bene: ti usava e basta. Sorridi perché sai cosa hai fatto e detto. Il tuo cuore era ed è buono: continua a camminare con lo sguardo rivolto al cielo”. Cerca il Regno che costruisce la gloria di ogni Credente e del Creato. Il “Che bella predica!”, è segno di avere ascoltato, nella parola liturgica, con piacere egoistico, quel che fa comodo. L’Apostolo annuncia: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio».
Dio non ‘ama’: è Amore e «Chi non ama non ha conosciuto Dio perché Dio è Amore». Il Padre in Gesù non si è accontentato di dire ‘Ti voglio bene’: ha dato missione al Figlio di costruire il bello ed il bene. Umanamente: si riesce a pensare vera una dottrina che insegna che il Padre affida alla morte il Figlio per redimere un popolo ingrato e peccatore? Si vorrebbe piuttosto una condanna severa. Ed invece, no: «In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi» perché «Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui».
L’uomo non giungerebbe mai a sacrificare un Figlio per la vita di un ingrato ed infedele. Non è un valore possibile all’uomo, ma solo ad un Dio misericordioso: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi ed ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati».
Il Dio di Gesù è un Dio diverso, eppure tanto vicino. Un amore che impegna chi lo accoglie: «Rimanete nel mio amore: se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore».
Il dono si ripete ad ogni alba ed ogni tramonto: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi».
Perché questo progetto insolito e contrario ad ogni pretesa umana? «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
Al di fuori di ogni paragone. Era stato detto: «Ama tuo fratello come te stesso». Qui viene detto: «che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Questo è il mio comandamento».
L’accento è posto sul ‘mio’. Lo rende diverso e supremo sopra ogni attesa. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici».
È un Dio coinvolgente: «Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando». È un Dio insieme geloso e generoso: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone».
Generoso: «Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi».
Geloso: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». «Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
(didon)