(don Lamberto Di Francesco)
Il 4 ottobre ricorre il 20° anno dell’incontro di don Steno Santi con il Padre, il Figlio, il Santo Spirito da lui fervorosamente annunciati sotto la protezione della Vergine Maria.
1. Insegnamento accogliente.
Non è frenesia di fare: è desiderio di conoscere ed amare chi tu sei. I figli esistono in famiglia. E noi siamo figli. Capace di accogliere ognuno come l’unica persona al mondo: va da lui e gli parla; si sente accolta: esisti solo tu. Quel presbitero è lì, solo per lui. E ognuno è lui. Tu davanti a lui sei unico e solo; la sua attenzione è per te. Non ha bisogno di domandarti cosa hai detto o fatto. Conosce chi puoi essere. Con dolcezza e con forza: “Vieni a trovarmi”.
Dio possa essere accolto prima che bussi alla porta: occorre inserire la società in Dio. Appelli sono da rivolgere con passione, non con linguaggi stereotipati ed annoiati. Quando la parola è frutto sincero e raccolto di meditazione della Sacra Scrittura, non c’è più un uomo che parla, ma un uomo con carboni ardenti nella bocca e nelle mani.
La persona cristiana è chiamata a testimoniare che può rivolgersi a Dio chiamandolo Padre; essere figli tra figli. Non puoi aver timore di sentirti insufficiente: l’uomo è per essenza debitore. Il peccato è all’uomo possibile: siamo figli peccatori; capaci di chiedere perdono a un Padre, non ad un padrone.
Incertezze, paure, allarmismi circondano l’animo di chi desidera avere speranza: c’è chi rema contro, ma consola vedere che tante persone sono pronte a dare una mano, a non guardare il proprio servizio con l’orologio in mano. E sembra di intravvedere quel senso di comunità che tanto, insieme, abbiamo cercato e – spero – potremo continuare a cercare.
2. Il culto. È il sacerdote che invita: «Avviciniamoci, qui, a Dio»; costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati; tanto per se stesso, quanto per il popolo. Nel sacrificio il silenzio è più eloquente della parola.
Intermediario tra Dio e gli uomini: i credenti offrono in dono a Dio gioie e dolori.
Il sacerdote presenta a Dio chi gli va incontro ad ogni tappa del cammino.
La sua sofferenza, il suo dolore è non narrato. Lo narri tu, nell’ultimo incontro nel corridoio dell’ospedale. Sto per andare. Il suo saluto: “Prega per me” mi riconcilia alla vita, a Tuscania, agli ideali, al mondo così incerto e nebbioso.
“Don Ste’! Ho bisogno che tu preghi per me”. Con lui possiamo sperare.
(didon)